Saluto augurale

Salute e felicità a chi passa di qua.

Sono le mie "fesserie", i miei pensieri, stravaganti e seri...ma veri. Ad un saluto, non starò muto;
chi passa e tace, lo stesso auguro pace.
Finché rime e pensieri escono volentieri in italiano e in dialetto, è segno che mi diletto.
Anche il texano vuole la sua parte, crede che è arte...parlerò anche di borsa, ma non di corsa.

Con il piacere per la scrittura... auguro a tutti buona lettura.

martedì 30 maggio 2017

Olive

Il primo furto non si scorda mai 


 Nel periodo fra novembre e marzo l'attività prevalente del paese era, e lo è tuttora, la raccolta delle olive; oggi la forma è diversa, ci sono le reti che suppliscono alla raccolta a mano come si faceva ai miei tempi.
Fin dalla tenera età  si veniva coinvolti in questa attività a cui partecipava tutta la famiglia;
era una delle fonti di sostentamento, ore ed ore con la schiena curva a raccogliere le olive una per una. S'iniziava la mattina presto, spesso alle prime luci dell'alba, per terminare appena iniziava a fare buio;
questo avveniva nei giorni in cui noi bambini non si andava a scuola, altrimenti era la nostra attività pomeridiana … altro che compiti scolastici! La stagione terminava tra febbraio e marzo.
C'era l'usanza che, dopo aver portato alla macina l'ultimo carico di olive, il terreno di quel contadino veniva dichiarato "libero", cioè chiunque poteva andare a raccogliere le poche olive che ancora la pianta regalava. Per noi bambini quella era la parte migliore della stagione; ci veniva data la possibilità di guadagnare qualche soldino andando a raccogliere queste olive libere vendendole a dei bottegai che a loro volta le rivendevano ai grossisti. La raccolta delle olive era anche l'attività principale delle donne in quella stagione;
esse venivano arruolate dai caporali, uomini di fiducia dei latifondisti,
e portate sul posto a raccogliere le olive per l'intera giornata;
le olive venivano raccolte nei panieri che, appena pieni, li svuotavano in dei sacchi di juta posti a 50-100 metri. Spesso si andava in gruppo a fare u litruzzu, ci si faceva compagnia reciprocamente.
Se capitava, si faceva incursione in territori non ancora liberi, e quindi pieni di olive,
ma questo era un rischio...oltre che un furto.
Uno di quei pomeriggi eravamo in giro per le campagne, intenti alla nostra attività,
quando ci troviamo vicino al terreno di uno di questi latifondi; non era tardi,
tant'è che ancora c'erano le donne raccoglitrici; solitamente ci si allontanava in fretta da quei posti perché c'era il "guardiano" ma quella volta no…
anzi, ci nascondemmo dietro ad un albero e notammo che si era creata una certa distanza fra il posto dove era tenuto il sacco pieno d'olive e le donne;
il guardiano non c'era, "forse imboscato con qualcuna di loro", fatto sta che ci balena l'idea...
perché non andare a riempirlo dal sacco il nostro piccolo panaro ( paniere)!?
 Detto fatto, ci avviciniamo guatti guatti e oplà... in meno di un attimo il nostro contenitore era pieno!!
Via di corsa, consapevoli di aver fatto una azione trasgressiva ma remunerativa,
si va subito dal negoziante a incassare i soldini.
L'indomani, ancora euforici per l'impresa riuscita, si decide di riprovare,
appuntamento al primo pomeriggio e via... riusciamo a fare il giochino per tre volte di seguito.
La negoziante, Parma i frittulara dall'alto della sua esperienza, sapeva del tempo che ci si impiegava a raccogliere un paniere di olive, così già alla seconda volta, vista la nostra rapidità, si è insospettita, e pensando che li rubavamo ai nostri genitori decise di avvertirli;
questa era anche una forma rispetto oltre che di controllo.
Mia madre non ha avuto dubbi su quanto raccontato dalla commerciante e imbestialita
per il gesto oltre che per il danno, presunto, subito mi viene ad acciuffare dandomi subito una manica di botte, u riestu a casa; il resto delle botte me li conservava per quando eravamo a casa;
abbozzo una difesa verbale dicendole che le avevo raccolte nei campi;
ma tra la parola di un bambino e la testimonianza della commerciante, la bilancia era tutta a favore suo.
Del resto confessare la verità significava aggravare la situazione, si trattava sempre di un furto, ...
mi trovavo fra l'incudine e il martello.
Le botte che mi diede la sera, prima di cena, furono davvero tante,
ma dentro di me sapevo che la causa era infondata; il silenzio a volte parla più delle parole...
non riuscì a mangiare nulla e rosso dai lividi me ne andai a letto, tutto accalorato per le botte prese.
Si confessa solo l'evidente, non il presumibile...da adulto ho riso tanto per l'episodio con mia madre.


Il primo litruzzo non si scorda mai

venerdì 26 maggio 2017

Gallo

Questo racconto spiega la frase..eru spensieratu nta la bara... del post mentu testa Entrambi li avevo pubblicati sul sito comunedidasa.it


IL GALLO Mia madre mi ha spesso raccontato che io ho tutto il suo sangue, sangue latinno, in virtù di una trasfusione che mi è stata praticata all'età di 9 mesi. Non ricordo nulla ovviamente, ma, tuttora ne porto il segno. E' successo che in quella epoca, siamo nel '56, la mortalità infantile era altissima, si moriva per malattie che oggi si curano tranquillamente con una pillola; insomma ero sul punto di morte anzi avevano già allestito la piccola bara, il dottore aveva detto che non c'era più niente da fare, ero spacciato, avevo il sangue infetto, e quasi per consolare Mia Madre, Inzitari, questo il suo nome, le dice che si poteva tentare una trasfusione, ma le probabilità di sopravvivenza erano ridotte al lumicino, che non ne valeva la pena di tentare, insomma ero più di là che di qua. Mia madre, cuore generoso, non si è arresa, ed ha voluto tentare comunque, nonostante il dottore continuava a sconsigliarla, e così si è proceduto alla trasfusione. Dopo, il dottore Le dice che se riuscivo a superare le 36 - 48 ore c'era qualche possibilità di sopravvivenza, ma conveniva comunque preparare la bara. Nella casa del dottore, cominciano a passare le prime ore, i parenti s’alternavano, le notizie si bisbigliavano, fra alternarsi di pianti, disperazione e qualche parola di speranza; fatto sta che respirando a fatica, riesco a passare il periodo critico, comincio, molto lentamente, a muovermi, a dare segni di vita, insomma sono ancora qui a raccontarla. Passati alcuni giorni e ormai invertita la tendenza della morte con la vita, i Miei, per ringraziare il Dottore per la riuscita dell’operazione, decidono di fargli un regalo.”Sdebitarsi” col dottori poi...pagare in natura...vista la scarsità di moneta. Avevano in campagna un piccolo allevamento di pollame dove ci sono galline i galli non mancano... uno in particolare... era maestoso adatto all'occasione. Mi raccontava mia Madre che aveva un modo di fare il chichirichì davvero superbo, maestoso, così, dopo molte discussioni se dovevano portarlo vivo oppure morto, optano per portarlo vivo, è più gradito pensano... e così la mattina successiva al ritorno dalla campagna, dimessi gli abiti da lavoro e indossati quelli della domenica, s’incamminano verso la casa del dottore con il gallo in mano; iI dottore era occupato con altri pazienti, ma saputo di che si trattava dalla servente, è sceso, e chiedendo notizie del “redivivo” ha fatto lasciare il gallo alla donna di servizio; ringraziato ancora per quanto aveva fatto per me, i Miei se ne ritornano a casa contenti e soddisfatti. Nel pollaio le galline certamente sentivano la mancanza del "capo" di quel suo canto altisonante, ma come si fa a spiegare loro che era stato sacrificato per una causa nobile!?? La sera mentre si accingevano a cenare, mia madre sente un rumore provenire dalle scale e allarmata, chiama mio padre, pensando a qualche intruso, così piano ed in silenzio, scendono insieme nel “catuajiu” una specie di ripostiglio dove c’era di tutto, dal vino alle olive, alla legna, finanche le galline, ciascuno nel proprio spazio, accendono la luce e...con grande sorpresa vedono lì in mezzo un intruso... ma con fare famigliare.... Era il GALLO!!! , il "loro" gallo, bello, maestoso, sembrava il ritorno del guerriero. Come mai è ancora qui? Si chiedono preoccupati, come sarà arrivato? chi l’ ha portato? e soprattutto, adesso che fare? Riportarlo indietro è stato il loro primo pensiero, il dottore lo meritava, anche se in tutta onestà, non aveva certo bisogno del loro gallo, onesti come erano fino all'inverosimile; poi mia madre da buona pragmatica e fatalista, dice che se era tornato, era segno che il destino aveva deciso così, e che quindi doveva rimanere lì, ma nessuno lo doveva vedere, per non sembrare uno sgarbo nei confronti del Dottore, quindi la sofferta decisione: lo si teneva lì ancora per quella notte, essendo ormai tardi, ma all'indomani, alle prime luci dell’alba al maestoso gallo si sarebbe fatta la festa. Questo episodio, raccontatomi spesso nel corso degli anni, mi ha sempre fatto pensare di essere fortunato e di avere la sensazione di poter/dover vivere a lungo. mi dico sempre, se dovevo morire presto, quale meglio occasione di quella?
c'era già la bara pronta.

giovedì 25 maggio 2017

Testa Mento

Mentu- testa

Fortuna mia amata ti ringraziu, tu voggjiu diri cu stu comiziu.
 T’attaccasti a mia comu a na cozza, comu la fica faci cu lu  cazzu.

 Eru spenzeratu nta la bara, azati non è chista la to ura.
Nu gran puntatuni mi jettasti, e finu a milanu mi spedisti.

Mi fici gabbu e nci ncappai, u dittu antichu non sbaggjia mai.

 Parrami, dimmi quando su li tempi di salutari amici e parenti,
Anchi se ncunu fici lu serpenti, sputau velenu a cui lu portau avanti.

Cui chi figgjioli voli mi si menti, addaviri la pacenza di li santi.

 Li mei amici, pochi e chjini i nguacchji, comu li denti mbucca a certi vecchji.
Bonu cavajiu lunga cursa piggjia, si no esti sulu n’asinu chi raggjia.

Di l’amici mi guarda dio, ca ai nemuni nci pensu io.

Pe tutta a vita ti sfidai o sorti, pensando d’aviri in manu boni carti,
tu comu n’umbra mi seguisti, pe cimi di capiji sempi mi piggjiasti.

Cu toi mantu mi avvolgisti, li porti da galera mi spalancasti,
 mi ritrovai senza parti, ma chijia vita non è arti.

 Simu pe tia tutti nta lista, puru si non c’è l’ordini da posta
E si a menzu caminu poi mi dassi, cu veni arredi mi cunta i passi.

Chistu è nu puandu chi avimu a fari, diceva Mmaculata, non ci pensari.
Speriamo  mi è curta e netta ripetia Biccherinu quando catta.

 Comparami quando su chjinu i vinu e fa ca non arrivisci lu matinu.

Insomma tu li sai li me gusti, vorrai fari la morti di li giusti.

domenica 21 maggio 2017

Video



Il mio motto l'ho detto...fai qualcosa degno di essere scritto...
o scrivi qualcosa degno di essere letto.

Questo è Claudio Bisio..abbiamo condiviso la militanza in avanguardia operaia,
poi Lui è diventato artista..io comunista.
ognuno la sua strada.

Ieri ho scritto un pensiero x Adelchi Argada,
calabrese, militante comunista.assassinato x mano fascista.
Condividevamo l'impegno politico, la passione x le idee... le sue idee...
le mie idee...le nostre idee.
Quando la politica era una cosa seria, era impegno sociale, civile, era una missione,
era la nostra vita...si combatteva e si moriva x le idee.
                                               Vorrei sbagliarmi,
 ma credo che molti giovani, anche calabresi,  non sanno chi è...purtroppo.

Se fossi Sindaco di qualche paese della Calabria, toglierei le vie intestate ai Savoia,
e metterei quella di Argada, ma anche quella dei briganti che si sono opposti
alla rapina mascherata di unificazione..hanno assaltato il banco di napoli,
che era bello pieno..per rimpinguire le loro casse dissestate. i Savoia...
Metterei nomi di chi ha valorizzato la calabria e il meridione...
Ma io, cu su, chjiu non sacciu,  forse nu ciucciu...e quindi ragghjiu.


sabato 20 maggio 2017

Sergio Adelchi Argada

Sergio Adelchi Argada

Sergio ti han chiamato, io non ti ho conosciuto,
eppure lo stesso periodo abbiamo vissuto.
I fasci non ti hanno dato scampo
la tua vita finita in un lampo.
Eri come me, un ragazzo,
pronto a spingere più il là,  il muro della libertà.
Come me, avevi sogni e bisogni,
speranze e desideri,  da far diventare veri.
Quello era un periodo turbolento
la morte ci stava accanto,
il suo alito si sentiva come un canto.
Molte volte anche io l'ho vista,
il mio T I A mi ha tenuto in pista.
Con noi c'era anche Impastato...
più fortunato ad essere ricordato,
ancora oggi è osannato,
libri, film gli hanno dedicato.
A te nessuno  ti ha più menzionato,
ringraziato, sei finito dimenticato.
Come me, eri un generoso,
della militanza orgoglioso.
La bandiera del fronte da portare avanti,
alle ragioni dei deboli sempre attenti,
sempre pronti.
Per i cani dei potere, pericolosi,
da trattare come lebbrosi...
ti ribelli, come osi?

Ti mando questo fiore col vento,
sempre con me ti porto accanto.

dovunque sei Alelchi,
 i cieli del bene cavalchi.

Gori Capano


venerdì 19 maggio 2017

Cinque

Borsa

 Eccoci al tema borsa... parlerò di borsa, ma non di corsa.
Dico subito una verità scomoda, il 90/% perde, rimane al verde.
Se perdi che vuoi, fai parte del parco buoi.
Il texano darà una mano.
Il metodo: Elliot e le sue onde, per approdare su buone sponde.
La cosa sconvolgente? contare è il salvagente.
Ci vuole una mente aperta,etica, matematica, logica, atletica...
'na mienti bolica, diceva mia madre.
Contare fino a cinque è il futuro, pare facile, ma non è così, v'assicuro, lo giuro.
Io sono anni che provo e riprovo, arrivo a tre... quattro...il cinque non lo trovo.
Il professore di analisi tecnica mi ha consigliato questa tattica...
ripetere più volte a dire cinque... ho provato e questo è il risultato...
Volevo farne un canto, ma mi sembrava un vanto.
Intanto mollo le opzioni, grandi emozioni, poche soddisfazioni.
Contro il tempo si sbatte grugno e mento.
Sarà il vento a dirmi se ho vinto.
Se sarò bocciato, cammino scalzo sul selciato,
sotto i carboni ardenti, la vera punizione per i perdenti.

CINQUE 

 Cinque minuti datemi del vostro tempo,                         Cinque le punte della stella 
 Cinque cose vi spiffero in un lampo.                              Cinque le mucche nella stalla

 Cinque i sensi della vita                                                Cinque stelle in movimento
Cinque dei piedi le dita                                                  Cinque dubbi da esaurimento

Cinque le linee dell’armonia musicale                              Cinque le onde importanti
Cinque le carte per la scala reale                                       Cinque milioni in contanti

 Cinque il mese di maggio                                            Cinque la partita di calcetto 
 Cinque pezzi di formaggio                                           Cinque le bottiglie di dolcetto

 Cinque dei numeri in mezzo                                              Cinque numeri al lotto
Cinque le ruote dell’automezzo                                          Cinque ore nel letto 

 Cinque dell’auto le portiere                                            Cinque amici per la sera 
Cinque del mare le scogliere                                          Cinque anni una storia vera 

 Cinque romano si vince                                                 Cinque le dita della mano
Cinque a scuola si perde                                                Cinque le giornate di milano.

 Cinque anni alle elementari          Cinque maglie cinque teglie Cinque figlie Cinque mogli cinque puglie
 Cinque canzoni popolari               Cinque tarli Cinque merli Cinque zirli Cinque torli Cinque urli.

 Cinque modi per il pareo                                  Cinque anni reggesi Gori Capano… 
Cinque anni per il liceo 

 Cinque i piani del palazzo                                                  Primo anno pesce 
Cinque ti fanno il mazzo                                                      Secondo conosce
                                                                                            Terzo capisce 
                                                                                             Quarto stupisce 
                                                                                             Quinto finisce.

                                    Un’altra storia svanisce 
                                    L’orizzonte s’incupisce 
                                    La luna s’intristisce 
                                    Il fiato s’affievolisce 
                                    La voce più non esce.






Forse ho imparato a contare fino a cinque, 
non c’è che dire…Batti il cinque per finire.




Maggio 2017.
  
  
  



  
  
   





martedì 16 maggio 2017

Sogno avverato

Sogno avverato



In TIA dico...ti palesasti...nto sognu avveratu...




racconto la storia, u cuntariajiu:



Mia madre, giunta all' età di 43 anni,

si preparava per quella fase della vita che va sotto il nome di menopausa, e per regolarizzare questo processo, era andata dal suo medico curante che gli aveva prescritto una cura a base di ormoni... mentre effettuava questa cura,
una notte fa un sogno…
vede delle donne vestite di nero che salgono in una casa, segno evidente di un lutto.  Lei, donna di doveri,  decide di seguirle, e giunta dentro questa casa, chiede chi è morto, a chi deve fare le condoglianze, chi erano i “dolenti”
visto che non c'era nessuna bara... 
una donna alta magra, vestita di nero, si gira stizzita  e gli dice: a te.
a me? risponde lei imbarazzata, o focu miu,
si, proprio a te…sei incinta di una figlia femmina e la stai uccidendo...
A questo punto si sveglia di soprassalto, sveglia mio padre e gli racconta il sogno appena fatto.
Lui reagisce male, scettico come era, anzi la rimprovera perché lo ha svegliato per un sogno, e poi  fra poche ore dovevano alzarsi per andare a lavorare in campagna.
Lei, si alza e la prima cosa che fa, è prendere le medicine e buttarle nella spazzatura....va da sua madre e gli racconta il sogno...Sua madre gli consiglia di stare zitta, altrimenti la prendono per pazza in paese,
vista l'età che ha... Quando viene chiamata per fare la solita puntura di ormoni, rifiuta decisa.
Vivendolo come peccato, va a confessarlo al prete, che invece la rassicura.... sarà il bastone della vecchiaia, Le dice...
qualche mese dopo va all'ospedale, fa le analisi e gli confermano che è incinta...incinta di una femminuccia. 
quando poi è venuta alla luce la bambina, le infermiere la portano in giro per il reparto a mo' di trofeo... dicendo...guardate quanto è bella la figlia della vecchia.
oggi è quasi normale partorire avendo superato i quaranta, ma allora era eccezionale… straordinario e per niente scontato l'esito.

Morale



mi ritrovo una sorella,  figlia di un sogno...strano ma vero.

sabato 13 maggio 2017

Me so 'mbriacato

Gli Amici

Stamane un amico mi ha scritto un messaggio,
dice che con la vecchiaia sono diventato saggio,
guarda che io non striscio..caro amico biscio,
L'occasione mi dici.. ca devo pubblicare  amici.

  l'amici 
 l'amici mei pochi e chjini i nguacchji, 
comu i denti mbucca a certi vecchji. 
 Datu ca siti pochini vi spendu dui parolini. 
 Criscivi a pani e Andrè, ca guerra i pieru sempi jivi fieru. 
Guccini mbriacuni, cu a locomotiva emozioni mi duni. 
Bertoli, a mussu duru tu dicu, si mio amicu. 
Troisi…mi mancanu i toi sorrisi. 
M’imbriacasti mandarino, chi c’era nto vino? 
veni puru tu, no tu no. 
Odifreddi, matematicu, si pe mia megghjiu du viaticu. 
 U maestru è pero' Micu 'njiaho', 
 da ciecu tundu, mi fici u vijiu u mundu. 
Bisciu,fratellu di vita e merendini, restamma eterni bambini. 
Pinu tripodi.... bonu cavajiu lunga cursa piggjia, si no esti sulu n'asinu chi raggjia. 
 all'africoti, saluti e salutamu, chija mamma per sempi amu. 
 U furbu ne du piattu ne du parentatu va cacciatu. 
 Mastru vittoriu nta chiji muntagni cu ninu martinu e tantu vinu. 
 Marisa, amica mia, ndi dividiu l'umbra da gelusia. 
Rita, l'amica da vita. 
profaziu mi dispiaci mu tu dicu, non si chjiu mio amicu. 
pe schierati e bandaruoli...non servunu paruali. 
finivi i jidita da mano, nu salutu da Gori capano. 

 Otello, giustu pecchì nci facisti canusciri a figghjiuma butitta,
nta i mei amici ti rivitta.

venerdì 12 maggio 2017

T I A

Dico la mia in tema di spiritualità, tema delicato, ma interessante. Ho fatto 3 anni in seminario, ho girato anche altri collegi... come diceva l'ing. Luciano De Crescenzo, la relazione col di-vino ce l'hanno molto di più i non credenti che i credenti... loro si accontentano della favoletta che va avanti da 2000 anni.. il problema è di chi, come me, non si accontenta della verginità di maria, neanche in quella di Lina sul materasso di lana, dei misteri della fede, dei legni piangenti, delle statue sanguinanti..fantastica l'invenzione del peccato... insomma guardarsi dentro, sopra, sotto, di lato...
 T I A 
 Vurria u parru i TIA, misteru da vita mia,
u sai ca non crijiu a ligna piangenti, statui sanguinanti,

 mancu a cu dici nenti.. mancu a cu dici nenti. ...
crijiu o potiri da menti. 

 si fussi poeta ti facissi na poesia,
ma cu su, chjiu non sacciu, forzi nu ciucciu,
di voti mi sentu cavajiu, cu mbastu di l’avi ncojiu,
 e sugnu tanti, carbonari e briganti, ma puru nobili e regnanti.
e T I A, chi i tieni a bada tutti quanti.
 Mi piggjiasti nte fasci, mi mustrasti a bellezza di cosci,
 l’amuri carnale e chijiu mentale.
 Ti palesasti..ti farcisci sentiri… 
 Aundi? 
 nto sognu avveratu, nta l’attimu ritardatu,
 nto trasferimentu arrivatu, nto cartellu sbaggjiatu,
 nta l’occhi aperti a l’urtimu istanti…nto sguardu di l’infanti
Chisti i chiju mportanti...fermami, sinno finu o matinu vajiu avanti.
 cu si..chi fai..chi vai cercandu.
Non fai amicizia cu pretofili monaci seculari e sbirri..
tantu u sai ca a sgarri.
Non minacci inferni, non prometti paradisi… regali sulu sorrisi.

si personali, non cedibili,e non spendibili. 
Non Voi essere pregatu, mancu frischulijatu,
 ti basta ogni tantu cu penzeru salutatu.Saluti.
Grandi paci non ti detti, ammettu, cu mia ebbisti u scumbatti,
non saccijiu u nomi chi porti, mancu si hai l’occhi storti
Ca nci si però su sicuru, su sicuru….
cu si?.. si u passatu ‘mbrischjiatu cu futuru.
 Vegnu cu T I A ....no tu no
 Vegnu cu T I A …no tu no rispundi tu
Quando voi..a disposizione,
 di T I A non fazzu senza, sevvu e padruni all’occorrenza.
 Dammi tempu ca ti perciu ‘ncissi u surici a nuci
 ca quando stu si dici…s’appiccia a luci e si sta finalmente in paci.




 TE…entità familiare, ma sconosciuta 

 Vorrei parlare di TE, mistero della mia vita. Lo sai che non credo a legna che piangono..statue che sanguinano. neanche a chi dice che non c’è niente…neanche a chi dice niente. Se fossi poeta ti farei una poesia, ma chi sono più non so, forse un asino. A volte mi sento un cavallo, con addosso il peso degli antenati E sono tanti carbonari e briganti..ma anche nobili e governanti. E TE che li tieni uniti, tutti quanti. Mi hai preso che ero piccolo, mi hai fatto vedere la bellezza dell’amore, carnale e mentale. Ti sei palesato Dove? Nel sogno avverato, nel ritardo di un’attimo, nel trasferimento arrivato, nel cartello sbagliato, negli occhi aperti all’ultimo istante, nello sguardo innocente dei bimbi, questi sono i più importanti..fermami, altrimenti facciamo notte a raccontarli tutti. Chi sei..cosa fai… Non sei amico dei pretofili, monaci e carabinieri…è amicizia malsana. Non minacci inferni e non prometti paradisi…regali solo sorrisi Per Te non si fanno guerre sante, nessuno può dirsi rappresentante, non mandi punizioni, non dai assoluzioni, non hai bisogno di riti,neanche di miti. SEI PERSONALE, NON CEDIBILE NON SPENDIBILE. Non vuoi preghiere, non arrivi col fischio, ti basta ogni tanto col pensiero salutato. Saluti. Grande pace non ti ho dato, ammetto, con me hai dovuto combattere. Non so il nome che porti..neanche se hai gli occhi storti Ma che ci sei sono sicuro…sicuro. SEI IL PASSATO che unisce IL FUTURO. Vengo con te..non tu no Vengo con te..non tu no rispondi tu Quando vuoi..a disposizione di TE non faccio senza Servo e padrone all’occorrenza. Dammi tempo che ti buco, disse il topo alla noce, che quando il si dici, s’accende la luce e si sta finalmente in pace.

mercoledì 10 maggio 2017

A madonna i Pizzoni

Catti bona?…si si, catti bona.
 No pe diri, meggjiu non potia cadiri.
Ancora volava, mentre a testa rotolava.
Catti pe troppi magghji. Catti pe lordi mbrogghji.
Catti pe amuri di figghji.
L’amuri supera i scogghji,
 u sannu i poveri migrati,  disgraziati, sventurati, sciagurati.
Chiji chi veninu di là, ndannu a protezioni di allah,  che è chjiù saggiu, non si faci portari a passeggiu.
I ‘ndiani, chjini i scienza, 
‘nto jiumma lavanu panni e coscienza.
Buddha, quando nci fannu girari i cuggjiuna,
nci manda i munzuna.
Maometto i voli tutti sutta o soi tetto.
Atri, povareji, senza ori, figghji di diu minori.
Tutti su accumunati du stessu bucu duvi su nati,
bucu di donna chi chiamati madonna.
U lignu non è eternu, vu dicu, megghjiu u ficu,
Si ‘ncunu semi gigghjia, nesci a fica, chi ‘nduci a vucca.
A prossima vota, pe cortesia, passati prima da falegnameria,
c’è peppi u cornutu, tantu ‘mprecau, chi mutu diventau,
nci u dici l’oraculu u faci u miraculu,
va torna vergini e nova, pronta pe natra dura prova.

martedì 9 maggio 2017

Cristina

 

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Cristina era una mia coetanea, eravamo piccoli entrambi, penso che corresse l’anno 1967. Lei era di famiglia molto numerosa, credo che fosse la decima di tredici figli. Erano tempi, quelli, in cui ai genitori si usava dare del Voi nei paesi, segno di timore - ma anche di rispetto. Bel visino, carina, vispa; la conoscevo perché, oltre ad essere molto amico di uno dei suoi numerosi fratelli, abitavamo nella stessa ruga (nella stessa zona); ogni tanto andavo a trovarli, con qualche scusa, nella loro modesta casa popolare. Era la prima volta che sentivo il cuore cominciare a mandare messaggi, a palpitare. Mi piaceva Cristina. Quel pomeriggio il suo compito non era quello di fare i compiti, come si conviene ad una ragazzina di scuola elementare; in primis c’era quello di aiutare a mandare avanti la baracca: 13 bocche da sfamare tutti i giorni è dura per chiunque, per una famiglia povera è un’impresa ardua. Il suo compito quel pomeriggio era di andare in campagna a fare i lavori che in quella stagione necessitavano. Sua madre decise di dirottarla al fiume a lavare i panni che la famiglia aveva accumulato, ritenendolo, evidentemente, più urgente dei lavori in campagna; la lavatrice ancora era da venire nei paesini del sud Italia. Obbediente al volere materno, si carica sulla piccola testa il recipiente con dentro i panni e s’avvia verso il fiume, cosa che aveva fatto già tante altre volte; non era di certo semplice la vita per i ragazzini in quell’epoca. Arrivata a destinazione saluta le altre donne e inizia il lavoro. Il fiume scendeva direttamente dalla montagna e attraversava tutto l’abitato. Spesso ci si trovava a giocare e a bere di quell’acqua, ma consci che poteva essere ormai sporca, recitavamo una filastrocca per depurarla: “acqua sottacqua, l’angelo mbivi u diavolu sciatta”, e così - nella nostra fantasia - l’acqua, come d’incanto, si trasformava in acqua benedetta…. beata fanciullezza! Il fiume era una fonte di sostentamento per molta gente; con la sua acqua si poteva far andare avanti il mulino, il frantoio; spesso i paesi nascevano appositamente intorno ai fiumi. Così alle spalle delle donne che lavavano i panni vi era una struttura ormai fatiscente fatta di briesti (un miscuglio di terra, paglia e fango): era un frantoio ancora funzionante. Alcuni dicevano che andava chiuso o almeno ristrutturato, ma, ci sono sempre dei ma… finché, quel maledetto giorno, la struttura cede. Crolla, con tutto il suo pulviscolo marrone, e chi va a beccare? Fra tanta gente, su chi si accanisce la sorte? Su Cristina, la più piccola fra le presenti, Lei resta sotto il muro. Altre donne lì vicino, subiscono qualche escoriazione. Lei no, il destino crudele le aveva riservato quella ingrata sorte: morire a 8 anni! Poi, a tragedia avvenuta, tutti quanti dicevano che la struttura era fatiscente, che doveva essere chiusa. Intanto Lei ha terminato il suo percorso di vita senza averla neanche assaporata. Che brutta fine per quell’angelo immacolato. La disperazione della madre è stata qualcosa di tragico; si colpevolizzava perché era stata Lei a dirottarla al fiume. Qualcuno, per consolarla, diceva che: quando il destino arriva non c’è niente da fare e che se fosse andata in campagna, chissà, un serpente che pure c’erano, forse l’avrebbe avvelenata… forse… intanto Lei non c’è più. È stato il mio primo contatto con la morte. Dopo questo episodio ho sentito molta gente parlare di fortuna e destino; dicono che ognuno di noi ne ha uno già assegnato, e che quando arriva il momento, ci trova ovunque noi siamo, non c’è nulla da fare… forse, sarà anche così, con molti se e dei ma. In questo caso mi sembrava essere stato più incuria dell’uomo che volontà divinatoria. 
Milano, 6 aprile 2006

 Gori Capano