Saluto augurale

Salute e felicità a chi passa di qua.

Sono le mie "fesserie", i miei pensieri, stravaganti e seri...ma veri. Ad un saluto, non starò muto;
chi passa e tace, lo stesso auguro pace.
Finché rime e pensieri escono volentieri in italiano e in dialetto, è segno che mi diletto.
Anche il texano vuole la sua parte, crede che è arte...parlerò anche di borsa, ma non di corsa.

Con il piacere per la scrittura... auguro a tutti buona lettura.

Racconti

Il portafoglio 
 Un appuntamento galante è sempre un avvenimento importante.
 Abitava in viale Montenero,
l’orario era stato fissato x le 20,00 alla Coin di piazza 5 giornate.
 Arrivo sempre in anticipo agli appuntamenti,
 la considero una mancanza di rispetto farsi attendere…
Non la conoscevo ancora sotto questo aspetto…..altrimenti …
Lei arriva “tranquillamente” alle 20.30…puntuale.
Ormai avevo perso la pazienza e la speranza..
chissà che gli sarà successo?
 Forse ho sbagliato il giorno? Pensavo….
 È tanto che aspetti!?…
Dalle 20 almeno…
E che non riuscivo a sistemare i capelli!!….
Va bene.
 Avevo adocchiato un localino lì vicino,
ci incamminiamo….
imbarazzati entrambi.
Non eravamo”fidanzati”…un bacio non fa promessa.
Non eravamo amici… non c’era la complicità tipica degli amici.
Non eravamo semplicemente.
Conoscenti per corrispondenza...questa è la definizione che più s’adatta.
 Il locale era “tipico” per la serata, luci soffuse, camerieri discreti, cibo all’altezza.
Si chiacchiera del più e del meno, distanti, non da innamorati,
 vederla e sentirla così freddina però..….
Avevo immaginato un altro approccio.
 Finita la cenetta, chiedo il conto.
 Lei chiede di fare “alla romana”…
rispondo che sono calabrese…
Il cameriere abituato a queste scene, me lo porta girato,
 in modo che Lei non lo può vedere,
116milalire…
carino…caruccio...
ma il cibo meritava… tiro fuori il portafoglio, pago.
Ci incamminiamo verso casa sua, poco distante.
 Maggio è un bel mese per stare “fuori”, invoglia alle uscite serali.
Di fronte al portone di casa sua c’è un pezzettino di verde con qualche panchina….
Proviamo a salire, “a fare gli innamorati”
ci sediamo su una panchina e continuiamo la trattativa.
Il punto verteva: se voleva che restavo a dormire da lei con i nessi e connessi…
oppure… Lei, dopo tanti no, s’inventa una formula…
 ti faccio salire ma…no…..non se ne fa nulla!!
Meglio, si spiega meglio, ti faccio dormire nel mio letto,
ma l’amore no, neanche se ne parla… Da amici…
Credevo e speravo che scherzava,
non avevo mai dormito nello stesso letto con una donna.. da amico!!
 Mentre ero preso da questa tragicomica situazione,
Sento qualcosa sotto i piedi ….
Che sarà mai!?…. un vecchio portafoglio….
neanche mi abbasso per prenderlo…
Sarà frutto di qualche scippo…ne vedevo tanti in altri giardini..
segno che anche lì andavano gli scippatori a spartirsi il bottino.
 Poi ci ripenso ..e se contiene documenti!?
Lo tiro su, la curiosità è una dote che mi appartiene….
Lo apro…. Ci sono carte….
 Intravedo anche dei soldi, li prendo e provo a contarli…
Quanto!?… 116milalire…
 non un soldo in più, o in meno
esattamente quanto il conto pagato al ristorante!!
 In più c’era una schedina del totocalcio già giocata….
 2 colonne, semplice, giocata minima.
Ancora una volta la mia buona stella aveva dato segno di vitalità.
Qualche amico penserà la mia solita botta di c..o!! 
Peccato che la domenica seguente, controllata la schedina,
e visto che non aveva vinto, l’ ho strappata….
quella era la mia assicurazione sulla vita.

Stamane un amico mi ha scritto un messaggio,
dice che con la vecchiaia sono diventato saggio,
guarda che io non striscio..caro amico biscio,
L'occasione mi dici.. ca devo pubblicare  amici.

  l'amici 
 l'amici mei pochi e chjini i nguacchji, 
comu i denti mbucca a certi vecchji. 
 Datu ca siti pochini vi spendu dui parolini. 
 Criscivi a pani e Andrè, ca guerra i pieru sempi jivi fieru. 
Guccini mbriacuni, cu a locomotiva emozioni mi duni. 
Bertoli, a mussu duru tu dicu, si mio amicu. 
Troisi…mi mancanu i toi sorrisi. 
M’imbriacasti mandarino, chi c’era nto vino? 
veni puru tu, no tu no. 
Odifreddi, matematicu, si pe mia megghjiu du viaticu. 
 U maestru è pero' Micu 'njiaho', 
 da ciecu tundu, mi fici u vijiu u mundu. 
Bisciu,fratellu di vita e merendini, restamma eterni bambini. 
Pinu tripodi.... bonu cavajiu lunga cursa piggjia, si no esti sulu n'asinu chi raggjia. 
 all'africoti, saluti e salutamu, chija mamma per sempi amu. 
 U furbu ne du piattu ne du parentatu va cacciatu. 
 Mastru vittoriu nta chiji muntagni cu ninu martinu e tantu vinu. 
 Marisa, amica mia, ndi dividiu l'umbra da gelusia. 
Rita, l'amica da vita. 
profaziu mi dispiaci mu tu dicu, non si chjiu mio amicu. 
pe schierati e bandaruoli...non servunu paruali. 
finivi i jidita da mano, nu salutu da Gori capano. 

 Otello, giustu pecchì nci facisti canusciri a figghjiuma butitta,
nta i mei amici ti rivitta.

Il primo furto non si scorda mai 


 Nel periodo fra novembre e marzo l'attività prevalente del paese era, e lo è tuttora, la raccolta delle olive; oggi la forma è diversa, ci sono le reti che suppliscono alla raccolta a mano come si faceva ai miei tempi.
Fin dalla tenera età  si veniva coinvolti in questa attività a cui partecipava tutta la famiglia;
era una delle fonti di sostentamento, ore ed ore con la schiena curva a raccogliere le olive una per una. S'iniziava la mattina presto, spesso alle prime luci dell'alba, per terminare appena iniziava a fare buio;
questo avveniva nei giorni in cui noi bambini non si andava a scuola, altrimenti era la nostra attività pomeridiana … altro che compiti scolastici! La stagione terminava tra febbraio e marzo.
C'era l'usanza che, dopo aver portato alla macina l'ultimo carico di olive, il terreno di quel contadino veniva dichiarato "libero", cioè chiunque poteva andare a raccogliere le poche olive che ancora la pianta regalava. Per noi bambini quella era la parte migliore della stagione; ci veniva data la possibilità di guadagnare qualche soldino andando a raccogliere queste olive libere vendendole a dei bottegai che a loro volta le rivendevano ai grossisti. La raccolta delle olive era anche l'attività principale delle donne in quella stagione;
esse venivano arruolate dai caporali, uomini di fiducia dei latifondisti,
e portate sul posto a raccogliere le olive per l'intera giornata;
le olive venivano raccolte nei panieri che, appena pieni, li svuotavano in dei sacchi di juta posti a 50-100 metri. Spesso si andava in gruppo a fare u litruzzu, ci si faceva compagnia reciprocamente.
Se capitava, si faceva incursione in territori non ancora liberi, e quindi pieni di olive,
ma questo era un rischio...oltre che un furto.
Uno di quei pomeriggi eravamo in giro per le campagne, intenti alla nostra attività,
quando ci troviamo vicino al terreno di uno di questi latifondi; non era tardi,
tant'è che ancora c'erano le donne raccoglitrici; solitamente ci si allontanava in fretta da quei posti perché c'era il "guardiano" ma quella volta no…
anzi, ci nascondemmo dietro ad un albero e notammo che si era creata una certa distanza fra il posto dove era tenuto il sacco pieno d'olive e le donne;
il guardiano non c'era, "forse imboscato con qualcuna di loro", fatto sta che ci balena l'idea...
perché non andare a riempirlo dal sacco il nostro piccolo panaro ( paniere)!?
 Detto fatto, ci avviciniamo guatti guatti e oplà... in meno di un attimo il nostro contenitore era pieno!!
Via di corsa, consapevoli di aver fatto una azione trasgressiva ma remunerativa,
si va subito dal negoziante a incassare i soldini.
L'indomani, ancora euforici per l'impresa riuscita, si decide di riprovare,
appuntamento al primo pomeriggio e via... riusciamo a fare il giochino per tre volte di seguito.
La negoziante, Parma i frittulara dall'alto della sua esperienza, sapeva del tempo che ci si impiegava a raccogliere un paniere di olive, così già alla seconda volta, vista la nostra rapidità, si è insospettita, e pensando che li rubavamo ai nostri genitori decise di avvertirli;
questa era anche una forma rispetto oltre che di controllo.
Mia madre non ha avuto dubbi su quanto raccontato dalla commerciante e imbestialita
per il gesto oltre che per il danno, presunto, subito mi viene ad acciuffare dandomi subito una manica di botte, u riestu a casa; il resto delle botte me li conservava per quando eravamo a casa;
abbozzo una difesa verbale dicendole che le avevo raccolte nei campi;
ma tra la parola di un bambino e la testimonianza della commerciante, la bilancia era tutta a favore suo.
Del resto confessare la verità significava aggravare la situazione, si trattava sempre di un furto, ...
mi trovavo fra l'incudine e il martello.
Le botte che mi diede la sera, prima di cena, furono davvero tante,
ma dentro di me sapevo che la causa era infondata; il silenzio a volte parla più delle parole...
non riuscì a mangiare nulla e rosso dai lividi me ne andai a letto, tutto accalorato per le botte prese.
Si confessa solo l'evidente, non il presumibile...da adulto ho riso tanto per l'episodio con mia madre.


Il primo litruzzo non si scorda mai
Faccio un commento ai non commenti, volevo dire 
che la frase"se lasciate un saluto non starò muto,"
 non è una minaccia anzi..visto che poi in pvt i commenti arrivano..
sarà un fatto di scrivere su internet..non so...
qualcuno mi ha detto "mi vergogno"
altri "non sento il bisogno"
siete tanti a leggere..vi vedo..
spero x voi che imparerete anche a scrivere!!
saluti.

La spigolatrice di Sapri 



 "Eran trecento, eran giovani e forti e sono morti!
Me ne andavo una mattina a spigolare, quando ho visto una barca in mezzo al mare…"


Ogni volta che passo dalla stazione di Sapri
la mia mente torna a quell’episodio in 4° elementare..
Piriettu, era la ingiuria data al prof, piccolo e tarchiato…
mai sposato, stava insieme a suo fratello, anche lui prof alle elementari…
cudujia storta, la ‘ngiuria.
 In quel periodo c’era stata una novità a scuola, che aveva messo un po’ di brio nelle classi…
Era arrivata  una nuova supplente…giovane, carina e forestiera.
Ai “nostri” due scapoloni non gli sembrava vero….
tirati di tutto punto, la mattina era il loro pensiero fisso.
Chi avrebbe scelto dei due?…se avrebbe scelto.
Loro avevano il “diritto-dovere" di provarci!!
Quella mattina, come succedeva ormai da un po’ di tempo,
 il Piriettu scrive alla lavagna una poesia da copiare…
”La spigolatrice di Sapri”…poi dettate le condizioni ….
esce per “ronzare".Parte la caccia.

"Guai  chi trovo fuori posto al mio ritorno,
Guai  chi fa casino…
Guai..
Guai..."
Appena messo il naso fuori dalla porta, comincia piano il brusio…
Poi sempre + forte….fino a diventare assordante…
casino totale.
Stranamente quella mattina non ero fra i protagonisti,
anzi, me ne stavo “tranquillo” a copiare la poesia…
ma il casino era tale che era impossibile…
volava di tutto, quaderni..libri, oggetti vari…
Uno di questi mi colpisce sul collo…
a quel punto mi alzo per vedere da dove era arrivato,
urlo anch’io….
in quell’attimo fa ritorno il “conquistadores”…
tutti erano riusciti a tornare ai propri posti..
L’unico che si è attardato ero io che non avevo partecipato al casotto…
Capano…"Capano sempre tu a fare baccano!!
Porta la poesia che la correggiamo…
Sapri si scrive Maiuscolo…..alza la mano per la punizione"…
"Ma prof, io non c’entro", provo un minimo di autodifesa…
"Alza la mano ….così impari a stare al tuo posto"!!
"Ahi…ahi…".faceva male la lunga verga scagliata con forza sulla mano…
 Eran trecento è sono morti…..
"e si scrive con l’accento? …
allora sei stato proprio distratto!!..metti la mano in posizione"…
"Ma sig. maestro"…
"metti la mano altrimenti mi arrabbio"!!
"Ahi..ahi..che male…"la mano era diventata rosso fuoco…
e il peggio doveva ancora arrivare!!
Si va avanti così per un’oretta…entrambi esprimevamo rabbia
Io per non aver partecipato al caos…almeno accettavo la “punizione”,
Piriettu perché aveva preso il 2 di picche…
Tornando a casa ho dovuto nascondere la mano..
altrimenti i miei avrebbero capito…
e il loro commento sarebbe stato…:
"te ne ha dati pochi…
il “resto” te lo diamo noi!!"
La legge del prof non ammetteva errori, anzi lo faceva per il nostro bene!!
Negli anni passati, quando tornavo al paese, vederlo mi evocava ancora rabbia…ormai mista a compassione. Questo racconto spiega la frase..eru spensieratu nta la bara... del post mentu testa Entrambi li avevo pubblicati sul sito comunedidasa.it


IL GALLO Mia madre mi ha spesso raccontato che io ho tutto il suo sangue, sangue latinno, in virtù di una trasfusione che mi è stata praticata all'età di 9 mesi. Non ricordo nulla ovviamente, ma, tuttora ne porto il segno. E' successo che in quella epoca, siamo nel '56, la mortalità infantile era altissima, si moriva per malattie che oggi si curano tranquillamente con una pillola; insomma ero sul punto di morte anzi avevano già allestito la piccola bara, il dottore aveva detto che non c'era più niente da fare, ero spacciato, avevo il sangue infetto, e quasi per consolare Mia Madre, Inzitari, questo il suo nome, le dice che si poteva tentare una trasfusione, ma le probabilità di sopravvivenza erano ridotte al lumicino, che non ne valeva la pena di tentare, insomma ero più di là che di qua. Mia madre, cuore generoso, non si è arresa, ed ha voluto tentare comunque, nonostante il dottore continuava a sconsigliarla, e così si è proceduto alla trasfusione. Dopo, il dottore Le dice che se riuscivo a superare le 36 - 48 ore c'era qualche possibilità di sopravvivenza, ma conveniva comunque preparare la bara. Nella casa del dottore, cominciano a passare le prime ore, i parenti s’alternavano, le notizie si bisbigliavano, fra alternarsi di pianti, disperazione e qualche parola di speranza; fatto sta che respirando a fatica, riesco a passare il periodo critico, comincio, molto lentamente, a muovermi, a dare segni di vita, insomma sono ancora qui a raccontarla. Passati alcuni giorni e ormai invertita la tendenza della morte con la vita, i Miei, per ringraziare il Dottore per la riuscita dell’operazione, decidono di fargli un regalo.”Sdebitarsi” col dottori poi...pagare in natura...vista la scarsità di moneta. Avevano in campagna un piccolo allevamento di pollame dove ci sono galline i galli non mancano... uno in particolare... era maestoso adatto all'occasione. Mi raccontava mia Madre che aveva un modo di fare il chichirichì davvero superbo, maestoso, così, dopo molte discussioni se dovevano portarlo vivo oppure morto, optano per portarlo vivo, è più gradito pensano... e così la mattina successiva al ritorno dalla campagna, dimessi gli abiti da lavoro e indossati quelli della domenica, s’incamminano verso la casa del dottore con il gallo in mano; iI dottore era occupato con altri pazienti, ma saputo di che si trattava dalla servente, è sceso, e chiedendo notizie del “redivivo” ha fatto lasciare il gallo alla donna di servizio; ringraziato ancora per quanto aveva fatto per me, i Miei se ne ritornano a casa contenti e soddisfatti. Nel pollaio le galline certamente sentivano la mancanza del "capo" di quel suo canto altisonante, ma come si fa a spiegare loro che era stato sacrificato per una causa nobile!?? La sera mentre si accingevano a cenare, mia madre sente un rumore provenire dalle scale e allarmata, chiama mio padre, pensando a qualche intruso, così piano ed in silenzio, scendono insieme nel “catuajiu” una specie di ripostiglio dove c’era di tutto, dal vino alle olive, alla legna, finanche le galline, ciascuno nel proprio spazio, accendono la luce e...con grande sorpresa vedono lì in mezzo un intruso... ma con fare famigliare.... Era il GALLO!!! , il "loro" gallo, bello, maestoso, sembrava il ritorno del guerriero. Come mai è ancora qui? Si chiedono preoccupati, come sarà arrivato? chi l’ ha portato? e soprattutto, adesso che fare? Riportarlo indietro è stato il loro primo pensiero, il dottore lo meritava, anche se in tutta onestà, non aveva certo bisogno del loro gallo, onesti come erano fino all'inverosimile; poi mia madre da buona pragmatica e fatalista, dice che se era tornato, era segno che il destino aveva deciso così, e che quindi doveva rimanere lì, ma nessuno lo doveva vedere, per non sembrare uno sgarbo nei confronti del Dottore, quindi la sofferta decisione: lo si teneva lì ancora per quella notte, essendo ormai tardi, ma all'indomani, alle prime luci dell’alba al maestoso gallo si sarebbe fatta la festa. Questo episodio, raccontatomi spesso nel corso degli anni, mi ha sempre fatto pensare di essere fortunato e di avere la sensazione di poter/dover vivere a lungo. mi dico sempre, se dovevo morire presto, quale meglio occasione di quella?
c'era già la bara pronta.
Spazio per i racconti.
Sogno  avverato



In TIA dico...ti palesasti...nto sognu avveratu...
racconto la storia, u cuntariajiu.

Mia madre, giunta all' età di 43 anni,  si preparava per quella fase della vita che va sotto il nome di menopausa, e per regolarizzare questo processo, era andata dal suo medico curante che gli aveva prescritto una cura a base di ormoni... mentre effettuava questa cura, una notte fa un sogno…
sogna che era di ritorno dalla campagna, e all'ingresso del paese, vede delle donne vestite di nero che salgono in una casa, segno evidente di un lutto.  Lei, donna di doveri,  decide di seguirle, e giunta dentro questa casa, chiede chi è morto, a chi deve fare le condoglianze, chi erano i “dolenti” visto che non c'era nessuna bara...
una donna alta magra, vestita di nero, si gira stizzita  e gli dice: a te.
 

A me? risponde lei imbarazzata, o focu miu,

sì, proprio a te…sei incinta di una figlia femmina e la stai uccidendo...

A questo punto si sveglia di soprassalto, sveglia mio padre e gli racconta il sogno appena fatto.
Lui reagisce male, scettico come era, anzi la rimprovera perché lo ha svegliato per un sogno, e poi  fra poche ore dovevano alzarsi per andare a lavorare in campagna.
Lei, si alza e la prima cosa che fa, è prendere le medicine e buttarle nella spazzatura....va da sua madre e gli racconta il sogno...Sua madre gli consiglia di stare zitta, altrimenti la prendono per pazza in paese, vista l'età che ha... Quando viene chiamata per fare la solita puntura di ormoni, rifiuta decisa.
Vivendolo come peccato, va a confessarlo al prete, che invece la rassicura.... sarà il bastone della vecchiaia, Le dice...
qualche mese dopo va all'ospedale, fa le analisi e gli confermano che è incinta...incinta di una femminuccia.
quando poi è venuta alla luce la bambina, le infermiere la portano in giro per il reparto a mo' di trofeo... dicendo...guardate quanto è bella la figlia della vecchia.
oggi è quasi normale partorire avendo superato i quaranta, ma allora era eccezionale… straordinario e per niente scontato l'esito.
Morale: mi ritrovo una sorella,  figlia di un sogno...strano ma vero.

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